martedì 3 dicembre 2013

SCHIAVITU ALTRO CHE INTEGRAZIONE VUOLE LA CASTA

TRAGEDIA DI PRATO: SE NON CI RIBELLEREMO, FAREMO LA STESSA FINE DI QUESTI POVERI CRISTI. TUTTI SAPEVANO, HAN LASCIATO SCHIAVIZZARE STA GENTE PER POTER DISTRUGGERE IL TESSILE ITALIANO. A CASA! SUBITO!

 

1. PAGA DI UN EURO ALL’ORA PER 15 ORE AL GIORNO E INFERRIATE ALLE FINESTRE PER IMPEDIRE LA FUGA. ANCHE IN CASO DI INCENDIO. PRATO COSTRETTA AL LUTTO PER L’ENORMITÀ DI QUESTI SETTE SCHIAVI MORTI. CADAVERI CINESI CHE PER UNA VOLTA AVRANNO UN FUNERALE TRACCIABILE. POI VERRÀ TUTTO RIMOSSO IN POCHI GIORNI, PERCHÉ IN FONDO SONO CINESI E QUINDI, FONDAMENTALMENTE, CHI SE NE FREGA. EPPURE BASTEREBBERO POCHE CONSIDERAZIONI PER CAPIRE CHE ANCHE QUESTA STRAGE È ROBA NOSTRA -

2. NEGLI ANNI SCORSI, CENTINAIA DI IMPRENDITORI TESSILI ITALIANI HANNO DELOCALIZZATO IN CINA PER PAGARE MENO I LAVORATORI. POI HANNO TROVATO PIÙ CONVENIENTE, CON LA CONNIVENZA DELLE AUTORITÀ CINESI E ITALIANE, IMPORTARE QUEGLI STESSI LAVORATORI-SCHIAVI E INSERIRLI A VALLE NELLA CATENA PRODUTTIVA. SCOMMETTIAMO CHE QUEI CAPANNONI CHE OGGI I GIORNALI DEFINISCONO IPOCRITAMENTE “LAGER” SONO DI PROPRIETÀ ITALIANA? E LE BANCHE DI PRATO NON HANNO NULLA DA DICHIARARE? -

Foto
a cura di COLIN WARD (Special Guest: Pippo il Patriota)
1 – I CINESI SIAMO NOI 
Soppalchi in cartongesso per dormire sopra i macchinari, bambini che cominciano a lavorare a chissà quale età, paga di un euro all’ora per 15 ore al giorno e inferriate alle finestre per impedire la fuga. Anche in caso di incendio. Prato costretta al lutto cittadino per l’enormità di questi sette schiavi morti. Cadaveri cinesi che per una volta avranno un funerale tracciabile. Poi verrà tutto rimosso in pochi giorni, perché in fondo sono cinesi e quindi, fondamentalmente, chi se ne frega. Eppure basterebbero poche considerazioni per capire che anche questa strage è roba nostra.
Negli anni scorsi, centinaia di imprenditori tessili italiani hanno delocalizzato in Cina per pagare meno i lavoratori. Poi hanno trovato più conveniente, con la connivenza delle autorità cinesi e italiane, importare quegli stessi lavoratori-schiavi e inserirli a valle nella catena produttiva.
Molti dei loro capi, si sono quindi a loro volta trasformati in imprenditori e gli italiani si sono dedicati al loro business preferito, l’immobiliare, affittando capannoni ai cinesi. Scommettiamo che quei capannoni che oggi i giornali definiscono ipocritamente “lager” sono di proprietà italiana? Ed è troppo ardito immaginare che tutta la liquidità che fa girare questo sistema di produzione tessile, nonostante lasci spesso scarse tracce fiscali, sia ben maneggiato da banche locali?
Non è la globalizzazione e neppure “il nuovo che avanza”. Queste scene da Rivoluzione industriale inglese sono vecchie di tre secoli e la loro cifra è sempre la stessa: avidità di pochi e sfruttamento di molti. Ma il tutto è travestito di menzogna, nascondimento e, quando la realtà emerge, di “ineludibilità del progresso”.
Il meccanismo che regola tutto, non solo a Prato ma anche a Berlino e a Bruxelles, è un micidiale miscuglio di dumping sociale e dumping fiscale. L’Europa che stiamo costruendo prevede aree fiscali privilegiate (per esempio Irlanda, intoccabile) e aree incaricate di fornire forza lavoro impoverita e a basso costo. La cinesizzazione del Sud Europa, con la scusa di recuperare competitività, è già in corso. In Italia, pensiamo di gestirla lucrando sull’affitto di capannoni e stamberghe. Quando saranno gli italiani ad affittare dai cinesi, o a lavorare per loro, in caso di strage sarà più semplice ottenere i funerali di Stato.
Internet e tv ci hanno già riversato addosso immagini e foto più che eloquenti sull’incendio di Prato. Dai giornaloni di oggi merita estrarre giusto un paio di cose. La migliore ci sembra l’intervista ad Andrea Segre da Tor Pignattara, regista di “Io sono Li”, che spiega il fenomeno dell’immigrazione cinese e chiude con una provocazione: “I modelli produttivi non fanno differenze e quando in un settore i diritti sul lavoro si sono indeboliti…Cosa succederà quando molti italiani andranno a lavorare per imprenditori cinesi? Sta già avvenendo, nei bar e nei ristoranti. Quando c’è recessione e crisi occupazionale come in questi anni, chiunque è ricattabile. Stiamo attenti a pensare che lo sfruttamento è un problema solo per gli immigrati” (Stampa, p. 2).
Poi c’è la paradossale operazione tentata dal Corriere della Sera, che nel pezzo di Dario Di Vico riesce a puntare il dito contro chi? Ma è facile, contro “i sindacati italiani, che dovranno ricordarsi che esiste l’anomalia Prato, che i lavoratori cinesi hanno gli stessi diretti dei nostri e che il Primo Maggio dovrà essere anche un po’ giallo per esser vero” (p. 3).
Completa l’acrobazia Enrico Marro, che intervista Valeria Fedeli, per anni alla guida dei tessili della Cgil. La compagna Fedeli denuncia giustamente l’assenza di controlli e poi si lascia scappare: “Mi colpisce e mi sorprende che il sindacato nazionale non abbia ancora preso posizione su una tragedia come quella di Prato”. Quelli ovviamente titolano: “Colpisce il silenzio dei sindacati” (p. 3). Tra un po’ diranno che è tutta colpa di Camusso e Landini, noti sfruttatori. Per la cronaca, l’astuta compagna Fedeli nel frattempo è diventata senatrice del Piddimenoelle.
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